LA CLASSIFICAZIONE DELLE ROCCE

Una roccia può essere generalmente definita come un aggregato naturale compatto ed eterogeneo di minerali.
Esistono però anche rocce costituite da un solo minerale (omogenee) e rocce composte da sostanze che non si trovano allo stato cristallino (ad esempio i vetri vulcanici - si veda oltre).
Un solido può trovarsi in due stati di aggregazione:
· Stato cristallino: caratterizzato da una composizione chimica ben definita e da una disposizione ordinata e regolare degli atomi nello spazio; questa struttura ordinata è quella che caratterizza i minerali.
· Stato amorfo: gli atomi del composto hanno una disposizione nello spazio totalmente casuale, analogamente a quanto accade ad un composto allo stato liquido.
Le sostanze minerali sono quindi composti chimici uniformi e caratterizzate da una struttura ordinata, mentre le rocce sono aggregati di minerali, a parte alcune eccezioni, o sono composte da frammenti di altre rocce cementati insieme.
In ogni caso una roccia si presenta come un aggregato in genere eterogeneo.
La grande varietà litologica che si riscontra sulla crosta terrestre è imputabile ai diversi meccanismi genetici, ai diversi ambienti di formazione ed alla composizione chimico-mineralogica.
I processi responsabili della genesi delle rocce sono estremamente vari e vanno dalla solidificazione di un magma alla litificazione di sedimenti originati dalla degradazione di rocce preesistenti, comprendendo complessi equilibri chimici e termodinamici.
La prima grande ripartizione è quella tra rocce endogene, ossia di origine interna alla crosta terrestre, ed esogene, ossia di origine superficiale (fig. 1.2).
Le prime comprendono le rocce magmatiche (ignee) e le metamorfiche; le magmatiche a loro volta si suddividono in intrusive (plutoniti) se risultano dal consolidamento di un magma all’interno della crosta terrestre ed effusive se il consolidamento avviene al di sopra di essa.
Le rocce esogene vengono invece suddivise in sedimentarie e residuali (alteriti).

I processi responsabili della genesi delle rocce, così come sono suddivise nello schema di fig. 2.1, fanno parte del ciclo litogenetico di cui rappresentano stadi distinti (si veda fig. 2.2).
Il primo stadio del ciclo si può identificare con la solidificazione del magma che può avvenire all’interno della crosta terrestre (rocce intrusive) o sulla superficie terrestre (rocce effusive).
Il processo sedimentario, responsabile dell’alterazione e disgregazione delle rocce esposte in superficie e del trasporto ed accumulo dei sedimenti, rappresenta uno stadio successivo, cui seguono i processi di tipo metamorfico che intervengo quando le rocce vengono trasferite in profondità a causa della dinamica crostale (si veda il cap. 3 ed il paragrafo sulle rocce metamorfiche).
Il ciclo litogenetico si chiude nel momento in cui i processi metamorfici risultano talmente spinti da produrre la fusione completa del materiale (anatessi).
Questo ciclo in realtà è una semplice schematizzazione teorica di una vasta serie di processi che si sovrappongono gli uni agli altri senza essere necessariamente sequenziali.
Inoltre il ciclo è di tipo aperto, ovvero soggetto a continui scambi sia di energia che di materia con gli altri ambienti; infatti (si veda la fig. 2.2) oltre ai continui apporti di magma dal mantello molti elementi, come H2O, CO2, O2, vengono apportate dall’idrosfera e dall’atmosfera alle rocce di superficie.
I vari stadi del ciclo non sono poi strettamente sequenziali, infatti ad esempio una roccia magmatica intrusiva può essere sottoposta a metamorfismo senza prima essere esposta in superficie.

 

Fig. 2.2 Schema di ciclo litogenetico. Le frecce nere indicano il sollevamento (tettonica) in superficie delle rocce indicate nei riquadri. Si noti la diversa origine e composizione dei magmi e le differenze dei relativi apparati vulcanici. Inoltre i processi esogeni agenti in superficie, ovvero l’interazione della litosfera con idrosfera, atmosfera e biosfera, oltre a provocare la disgregazione delle rocce ed il trasporto ed accumulo dei sedimenti nei fondali marini e lacustri, sono il mezzo attraverso il quale avvengo gli scambi di elementi (H2O, O2, CO2 … ecc.). Ridisegnato da “Il Globo Terrestre e la sua Evoluzione” E. Lupia Palmieri, B. Accordi, M. Parotto.

 

ROCCE ESOGENE
ROCCE SEDIMENTARIE

Le rocce sedimentarie rappresentano il 5% della composizione della crosta terrestre superiore che, con uno spessore di poche decine di Km, costituisce uno strato sottilissimo rispetto ai 6530 Km del raggio del pianeta Terra.
A causa della grande varietà e differenza degli ambienti in cui si formano, le rocce sedimentarie sono un insieme estremamente eterogeneo.
I processi sedimentari possono essere così schematizzati:

1) SEDIMENTOGENESI:
· Degradazione: è l’azione degli agenti esogeni sulle rocce presenti in superficie e comprende azioni di tipo fisico (termoclastismo, crioclastismo, erosione, corrasione, aloclastismo), chimico (ossidazione, idratazione, idrolisi, azione di acidi inorganici ed organici) e biologico (sgretolamento causato dagli apparati radicali delle piante, azione di organismi litofagi, batteri).
Trasporto: è la mobilizzazione delle particelle (clasti) originate dai fenomeni di degradazione. Se il mezzo di trasporto è un fluido avviene per sospensione, rotolamento e saltazione (in acqua anche in soluzione). Il trasporto in acqua implica anche la selezione granulometrica ovvero il fenomeno secondo il quale le dimensioni del materiale trasportato sono funzione dell’energia cinetica dell’acqua; infatti i sedimenti fini riescono a depositarsi solo in situazioni caratterizzate da scarsa energia (acque calme), mentre i ciottoli grossolani vengono trasportati solo da acque con alta energia cinetica. Il trasporto può avvenire anche tramite i ghiacciai; in questo caso, non verificandosi alcun trasporto selettivo, si producono degli ammassi di tipo caotico. Altri mezzi di trasporto sono il vento (trasporto eolico), le correnti di torbida (torbiditi sottomarine) e le frane sia in ambiente aereo che sottomarino.
· Deposito: la perdita di energia del mezzo di trasporto comporta il deposito del materiale trasportato, secondo le modalità viste sopra.
2) DIAGENESI;
E’ quell’insieme di trasformazioni chimiche e fisiche subite dai sedimenti nel tempo successivo alla loro deposizione e che portano alla litificazione ossia alla formazione della roccia compatta. Il primo fenomeno è dovuto al seppellimento che causa la riduzione dei volumi con espulsione di H2O ed eventuale disidratazione di alcuni minerali; a questo si uniscono scambi ionici e variazioni dei reticoli cristallini.
Il seppellimento comporta un aumento di temperatura e di pressione che portano alla litificazione completa mediante la cementazione dei clasti attraverso la ricristallizzazione ed altri fenomeni.

E’ importante notare come l’alterazione delle rocce sia intimamente legata alle condizioni ambientali e climatiche in cui si verifica, ossia al sistema morfoclimatico.
Ad esempio i fenomeni di alterazione di una roccia in zona subpolare sono molto diversi da quelli che si verificano in zona tropicale o desertica, ragione per cui la grande varietà delle rocce sedimentarie è connessa alla grande varietà degli ambienti.
Tali condizioni possono essere parzialmente ricostruite dall’analisi dei clasti che costituiscono la roccia sedimentaria.
Inoltre i fenomeni di alterazione sono ovviamente dipendenti anche dal tipo di roccia ed in particolare dai minerali che la compongono; così un calcare subirà un’alterazione ben diversa in ambiente tropicale (si pensi alle isolette dalle pareti alte e verticali del Mar della Cina immortalate in un film di James Bond) o in ambiente temperato (ad esempio le isole del Quarnaro del Mediterraneo orientale caratterizzate da una morfologia decisamente più dolce).
Le rocce sedimentarie possono essere suddivise in: clastiche, carbonatiche, silicee, fosfatiche ed organiche.

ROCCE CLASTICHE

Sono rocce che derivano dalla litificazione di frammenti (clasti) di altre rocce che vengono trasportati ed accumulati in aree depresse in seguito al calo dell’energia cinetica del mezzo di trasporto (acqua, ghiaccio o vento).
In una roccia sedimentaria si possono individuare:
· gli elementi, cioè i clasti.
· la matrice, costituita da particelle che hanno riempito le cavità intergranulari durante il processo di sedimentazione; sono di dimensioni inferiori rispetto ai clasti.
· Cemento, ovvero il materiale fine di occlusione delle cavità intergranulari ancora libere; si forma durante la diagenesi, portando alla litificazione.
I clasti possono anche essere costituiti da resti fossili di organismi viventi (gusci, apparati scheletrici…); se la percentuale di resti fossili è predominante la roccia è di tipo organogeno bioclastica.

Classificazione granulometrica:
Le rocce sedimentarie vengono classificate in base al diametro degli elementi secondo lo schema seguente:

CLASSE GRANULOMETRICA DIAMETRO DEGLI ELEMENTI (mm)
ARGILLE Ø < 0.0039
SILTITI 0.0039 < Ø < 0.0625
ARENITI 0.0625 < Ø < 2
RUDITI 2 < Ø

Argilliti:
Sono rocce a grana finissima frutto di deposizione in ambienti a bassa energia e composte prevalentemente da minerali argillosi. Il termine argilla indica il sedimento incoerente mentre con argillite viene indicata la roccia.

Siltiti:
Sono frutto della deposizione dei materiali più fini in pieno oceano, in mare aperto, al largo dei grandi delta fluviali o sul fondo di grandi laghi.
Vengono classificate in base alla composizione mineralogica.

Areniti:
Sono sabbie cementate (i granuli possono essere di quarzo, di feldspato o di calcare) che derivano da sabbie di tipo desertico, fluviali, lacustri, deltizie o da dune litorali. Appartengono a questa categoria i loess, vasti depositi eolici di origine continentale di colorazione giallastra estremamente diffusi in Asia centrale.
La classificazione, effettuata in base alla percentuale di matrice e di minerali (quarzo e feldspato) è correlabile agli ambienti di formazione. Senza entrare nei particolari la classificazione in base all’abbondanza mineralogica individua le grovacche, le arenarie e le quarzareniti.

Ruditi:
§ Brecce, se gli elementi hanno forma spigolosa.
§ Conglomerati, se gli elementi hanno forma arrotondata.
Derivano dalla cementazione delle ghiaie deposte in prossimità delle coste o accumulate in depositi alluvionali o morenici. Le dimensioni dei clasti permettono di elaborare indici morfometrici degli stessi circa il grado di sfericità (indica l’usura per rotolamento), di arrotondamento (usura in generale), e di asimmetria (permette di distinguere tra degradazione chimica e meccanica). Questo tipo di analisi morfometrica deve essere effettuata su di un numero ragionevole di granuli (dell’ordine di 100).

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Fig. 2.3 Indici di arrotondamento e sfericità utilizzabile nell’analisi statistica dei clasti che compongono una rudite. In colonna granuli con arrotondamento simile ma diverso grado di sfericità.
(Ridisegnato Powers, 1953)
Fig. 2.4 Paragone tra deposito di tipo morenico (caotico) ed alluvionale (stratificato).
(Modificato da “Introduzione alla geologia”, Trevisan e Giglia)

Marne:
Sono rocce clastiche la cui composizione è compresa tra le argille ed i calcari in tutte le possibili proporzioni, i cui termini estremi sono le argille marnose ed i calcari marnosi.
Hanno una colorazione generalmente grigia e sono caratterizzate da scarsa durezza.

Fig. 2.4 Classificazione delle marne. (Trevisan e Giglia, “Introduzione alla geologia”)

Proprietà di insieme:
Sono le proprietà del campione di roccia nel suo complesso; le principali sono:
· Porosità: è la percentuale di spazi vuoti contenuti nella roccia. Le rocce clastiche sono da mediamente a notevolmente porose (a differenza di quelle metamorfiche ed intrusive che non lo sono affatto) il ché implica l’assenza di contatto completo tra clasti. La presenza di porosità inoltre implica la disomogeneità nella distribuzione di eventuali carichi di pressione e quindi anche una minor resistenza alla rottura.
· Permeabilità: è la capacità di lasciar passare fluidi senza subire variazioni di struttura e, in generale, aumenta con l’aumentare della dimensione dei clasti. Una roccia porosa non è necessariamente permeabile; un esempio di questo tipo è fornito dall’argilla, mentre arenarie e ruditi sono sia porose che permeabili.
· Colorazione: è una caratteristica di difficile descrizione oggettiva; inoltre dipende dalla matrice, dai granuli e da pigmentazioni che si formano nell’ambiente di deposizione e diagenesi

ROCCE CARBONATICHE

Le carbonatiche comprendono rocce di varia genesi ed origine: le evaporitiche hanno un’origine di tipo chimico mentre le carbonatiche non evaporitiche (carbonatiche s.s.) possono essere di origine organogena, cioè legate ad attività biologica, o terrigena.
Una roccia di tipo carbonatico particolare è la dolomia - CaMg(CO3)2 , sale doppio di Ca e Mg – che nella maggioranza dei casi è generata per sostituzione (dolomitizzazione), ovvero per dissoluzione di carbonato di calcio e simultanea precipitazione del sale doppio di Ca ed Mg. La dolomia primaria, ovvero quella generata per precipitazione diretta, rappresenta una minima percentuale di tutta la dolomia; inoltre il fenomeno di precipitazione diretta non si verifica nelle condizioni ambientali attuali

Rocce evaporitiche
Sono generate da fenomeni di precipitazione di sali in seguito all’evaporazione dell’acqua in cui si trovano disciolti. Tali fenomeni si verificano in ambienti di transizione, circoscritti ed a circolazione di acqua ristretta quali lagune, aree litorali, laghi delle zone endoreiche o in bacini marini rimasti isolati in cui l’acqua evapora completamente o quasi. In tali condizioni i sali precipitano in ordine inverso di solubilità: calcite (CaCO3), anidride (CaSO4) e gesso (CaSO42H2O) fino al salgemma (NaCl) ed ai sali di Na, K ed Mg.
Fenomeni di precipitazione chimica possono verificarsi anche in ambiente continentale da acque sorgive o fluviali soprassature in CaCO3. La precipitazione del carbonato avviene in seguito a variazioni di temperatura e pressione dell’acqua (tipiche condizioni di sbocco di una sorgente) o per forte agitazione meccanica (ad esempio in prossimità di una cascata).
In questo caso i prodotti della precipitazione del carbonato sono il travertino e, in condizioni ipogee, l’alabastro e le formazioni stalattitiche e stalagmitiche.

Rocce carbonatiche s.s. (non evaporitiche)
Sono riconducibili a due tipologie fondamentali (classificazione di Pettijon):

· Calcari autoctoni: sono il frutto di accumulo di sostanze organiche senza che si verifichi un trasporto significativo. Appartengono a questa tipologia le scogliere coralline fossili, gli accumuli di gusci calcarei e gli accumuli di organismi planctonici (alghe planctoniche, foraminiferi, spicole di spugna, protozoi…).
· Calcari alloctoni: sono di origine detritica, ovvero hanno subito processi di trasporto, deposizione e sedimentazione esaminati in precedenza. Le rocce da cui sono stati originati i clasti possono essere anche i calcari autoctoni visti sopra.

Inoltre la classe granulometrica, così come per le altre rocce sedimentarie, è legata all’ambiente deposizionale: i sedimenti più fini sono quelli depositati alle maggiori profondità.
In ogni caso i sedimenti calcarei non si depositano al di sotto di una profondità definita limite di compensazione dei carbonati (CCD); oltre questo limite, che nei mari attuali è ad una profondità di circa 4000 m, il calcare passa in soluzione.
Accanto alla classificazione appena vista ne esistono di più articolate e complesse (Folk, Dunham, Embry e Klovan).

ROCCE SILICEE

Sono rocce sedimentarie composte prevalentemente da silice (SiO2 – quarzo, opale, calcedonio).
In base ai meccanismi genetici si distinguono in:
· Organogene: derivano dall’accumulo a profondità oceaniche di apparati scheletrici di microorganismi a guscio siliceo (diatomee, radiolari, spugne…).
· Chimiche: la loro genesi avviene durante i fenomeni diagenetici per precipitazione da soluzioni sature o in seguito a manifestazioni vulcaniche secondarie (geyseriti).
Appartengono a questa categoria i diaspri dalla caratteristica colorazione rossastra o verdastra, che quindi testimoniano deposizione in ambiente di bacino profondo (non avendo composizione carbonatica possono essere deposte anche sotto il CCD).

ROCCE ORGANICHE

Derivano dall’accumulo di sostanze organiche che, durante i processi diagenetici, vengono trasformate in carboni fossili o idrocarburi.
I carboni fossili sono il risultato dell’attività di batteri anaerobi che, durante le fasi iniziali del processo diagenetico su sedimenti di origine organica (vegetali), producono un arricchimento in carbonio ed il contemporaneo allontanamento di idrogeno ed ossigeno.
Gli idrocarburi sono invece accumuli di sostanze di origine organica in rocce sedimentarie; tali accumuli si verificano per migrazione in rocce porose e permeabili (rocce serbatoio) in particolari condizioni stratigrafiche e tettoniche.
I combustibili fossili (idrocarburi, carbone, torba ecc.) sono dei veri e propri “serbatoi” dell’energia (solare) immagazzinata mediante la fotosintesi dai vegetali da cui sono originati. Il ciclo energetico connesso all’uso dei combustibili fossili è schematizzato in fig. 2.5.

Fig. 2.5 Ciclo energetico connesso all’uso dei combustibili fossili. I vegetali, diversi milioni di anni fa, hanno immagazzinato l’energia solare attraverso il processo della fotosintesi. Una parte di essi non subisce ossidazione completa, viene trasformata in carbone e petrolio durante la diagenesi ed accumulata in particolari situazioni stratigrafiche e tettoniche. L’energia immagazzinata viene liberata (lavoro utile e calore) attraverso la combustione insieme alle emissioni elencate sulla destra del disegno. Si noti come la CO2 prodotta con la combustione vada a sommarsi a quella legata ai processi naturali (respirazione e fotosintesi). Ridisegnato da “Ambiente Terra – I fattori naturali della sua evoluzione” Quaderni di Le Scienze, F. Ippolito (Milano 1993).

 

ROCCE RESIDUALI

Si tratta di rocce che derivano dall’accumulo in situ, ovvero senza trasporto, dei prodotti di alterazione di una roccia affiorante e per tale motivo vengono indicate anche con il termine di alteriti.
I fenomeni di alterazione ed il dilavamento delle sostanze solubili formate durante tale processo sono i caratteri fondamentali della genesi di questo tipo di rocce.
In generale il dilavamento comporta l’allontanamento di determinati elementi (ad esempio il silicio per le Lateriti) e l’arricchimento di altri (ossidi ed idrossidi di ferro ed alluminio sempre per le Lateriti).
Il meccanismo più importante che interviene nella genesi delle rocce residuali è l’idrolisi dei silicati, la cui entità dipende dal regime climatico (principalmente temperatura e precipitazioni); un ruolo fondamentale è svolto anche dall’acidità dell’acqua che, in ambiente tropicale, viene aumentata dalla dissoluzione di acidi organici la cui presenza è legata alla forte copertura vegetale.
Le principali rocce di questo genere sono le argille residuali, le lateriti e le bauxiti.

ROCCE ENDOGENE

 

MAGMATICHE

Le rocce magmatiche sono originate dalla solidificazione di un magma che è una massa fusa composta da un liquido silicatico, cui si aggiungono una fase solida e una gassosa.
La classificazione delle rocce di questo tipo deriva dalle modalità con cui il fuso si è solidificato; la velocità di raffreddamento infatti regola la crescita dei cristalli, secondo lo schema seguente:


A causa della grande eterogeneità degli elementi che compongono il fuso ed ai complessi equilibri termodinamici che ne regolano l’evoluzione, il processo di solidificazione avviene in modo discontinuo, secondo un processo definito cristallizzazione frazionata che si verifica per temperature comprese tra i 500 ed i 1500 °C circa.
In pratica, semplificando al massimo il processo, alcuni minerali cristallizzano prima di altri e, in alcuni casi, si formano cristalli che sono destinati a scomparire (magari in parte) al diminuire della temperatura e della pressione.
In base alle modalità di raffreddamento si distinguono:

§ Rocce intrusive (plutoniti): si tratta di corpi magmatici consolidati entro la crosta terrestre per inclusione. Per tale ragione durante il raffreddamento, che avviene lentamente, la pressione si mantiene elevata. Il risultato è una struttura di tipo olocristallina, cioè composta da cristalli di grandi dimensioni (tutti sono almeno distinguibili ad occhio nudo). Fanno parte di questa tipologia i graniti, le dioriti, i gabbri e le peridotiti (si veda oltre).
§ Rocce effusive (vulcaniti): corpi magmatici consolidati sopra la crosta terrestre, anche in fondali oceanici (dorsali sottomarine). In questo caso il processo di solidificazione avviene con un brusco abbassamento dei valori di temperatura e pressione; in realtà il processo di cristallizzazione frazionata (solidificazione) inizia prima che il magma venga espulso in superficie, per cui alcuni cristalli riescono a crescere fino ad avere dimensioni apprezzabili (fenocristalli). La struttura della roccia in questo caso è di tipo ipocristallina, cioè composta da piccoli cristalli immersi in una pasta di fondo microcristallina o vetrosa. I magmi che invece raffreddano molto bruscamente durante fenomeni vulcanici di tipo esplosivo (si veda il cap. sul vulcanismo), producono rocce con caratteristiche particolari ovvero le rocce piroclastiche. Appartengono a questa categoria i tufi, le cineriti (lapilli e ceneri lanciati in aria durante l’attività esplosiva e formanti depositi stratificati), le pomici (rocce a bassissima densità la cui bollosità deriva dall’alta viscosità del fuso che non ne permette un rapido degassamento) e le ossidiane o vetri vulcanici (il rapido raffreddamento non permette la formazione della struttura cristallina). Altre rocce di tipo effusivo sono i basalti (generati durante attività magmatica di tipo non esplosivo), le andesiti e le rioliti.
§ Rocce filoniane: consolidano in condizioni intermedie (né profonde né superficiali) e presentano una grande varietà composizionale e strutturale.

Oltre alle modalità di solidificazione, l’altro carattere fondamentale di classificazione tanto dei magmi quanto delle rocce magmatiche è il loro chimismo, in particolare la percentuale di silice (SiO2) presente.
La ragione di questa classificazione su basi chimico-mineralogiche risiede nel fatto che la maggior parte dei minerali è di tipo silicatico (comprende SiO2 nella struttura); inoltre il quarzo è l’ultimo minerale a cristallizzare, quindi la sua presenza in una roccia fornisce informazioni circa la composizione chimica del fuso da cui si è originata.

I minerali che costituiscono le rocce possono essere ripartiti in due grandi famiglie:
· Sialici: incolori o biancastri, in cui predomina la SiO2 e l’allumina.
· Femici: di colorazione scura (da verde a nero) e contenenti prevalentemente Fe ed Mg.
La presenza e proporzione dei minerali presenti in una roccia magmatica permette di definire le seguenti tipologie:

- Rocce acide: contengono grandi quantità di quarzo (SiO2) e sono caratterizzate da una densità media e da una colorazione chiara (rocce leucocratiche).
- Rocce intermedie: hanno composizione mineralogica appunto intermedia.
- Rocce basiche: basso tenore in silice (SiO2) e densità più elevata; la colorazione prevalente è nerastra (rocce melanocratiche).
- Rocce ultrabasiche: la silice libera è totalmente assente e la densità molto elevata. Appartengono a questa categoria le Peridotiti (rocce del mantello superiore risalite in superficie) e le Ofioliti (note anche come pietre verdi).

Nella tabella seguente è riassunta la classificazione delle rocce magmatiche in base a modalità di raffreddamento e chimismo.

  ACIDE INTERMEDIE BASICHE ULTRABASICHE
INTRUSIVE Graniti,Granodioriti Dioriti, sieniti Gabbri Peridotiti
EFFUSIVE Rioliti, Daciti Andesiti, Trachiti Basalti
-

Rapporti di frequenza: i magmi hanno una composizione che è prevalentemente o acida o basica, sono cioè scarsi quelli a composizione intermedia.
Le rocce intrusive sono nella maggior parte di tipo acido, cioè molto diffusi sono i graniti e molto meno i gabbri.
Per le rocce effusive vale invece il contrario, ovvero sono molto diffuse quelle di tipo basico (basalti).

SCHEMA RIASSUNTIVO ROCCE MAGMATICHE

Intrusive:


  1. § Granito: roccia acida con struttura olocristallina; minerali principali: quarzo (incolore), plagioclasio (bianco opaco), k-feldspato (rosato), mica (scura o bianca).
    § Diorite: roccia intermedia con struttura olocristallina di aspetto simile al granito; può contenere o meno quarzo.
    § Gabbro: roccia basica con struttura olocristallina di composizione chimico-mineralogica uguale ai basalti; minerali principali: olivina, plagioclasi, anfiboli e pirosseni (non contiene quarzo).
    Effusive:
    § Riolite: corrispondente effusivo del granito con struttura ipocristallina porfirica (pasta di fondo microcristallina o vetrosa) di colorazione chiara e con scarsi fenocristalli (quarzo, biotite, plagioclasio).
    § Trachite: chimismo intermedio, struttura ipocristallina, corrispondente effusivo della diorite; colorazione prevalente grigio rossastra.
    § Basalto: chimismo acido, struttura ipocristallina totalmente porfirica o vetrosa. Colorazione nera o grigio nerastra che può diventare rossastra o verdastra in seguito a fenomeni di alterazione; è il corrispondente effusivo del gabbro.
    § Porfido: chimismo acido, struttura porfirica (struttura olocristallina molto fine talora disseminata di cristalli di dimensioni maggiori). Si trova spesso associato a masse granitiche.
    § Rocce piroclastiche: sono il risultato della deposizione (stratificata) dei materiali lavici (parzialmente solidificati) lanciati in aria nel corso di manifestazioni vulcaniche esplosive; si suddividono in:
  1. Tufi: accumuli di lapilli di dimensioni comprese tra 2 mm e 3 cm.
  2. Cineriti: accumuli di ceneri (diametro delle particelle inferiore ai 2 mm).
  3. Ignimbriti: estesi espandimenti di materiali acidi ad alta viscosità, in grado di scorrere per lunghe distanze durante le eruzioni.
  4. Pomice: derivato di schiume di vetro vulcanico, la cui bollosità è causata dall’alta viscosità che impedisce un rapido degassamento; è caratterizzata da bassissimi valori di densità (galleggia in acqua).
  5. Ossidiana: roccia totalmente vetrosa caratterizzata da fratture concoidi e da assenza di bollosità; il rapido raffreddamento impedisce la crescita dei cristalli.
ROCCE METAMORFICHE

Si tratta del risultato dell’esposizione di rocce preesistenti (sedimentarie, magmatiche e metamorfiche) ad alte temperature e/o pressioni.
Metamorfismo indica dunque un insieme di complessi processi di trasformazione di una roccia in risposta alle diverse condizioni ambientali in cui viene a trovarsi. Il chimismo viene mantenuto (o alterato in minima parte), ma le mutate condizioni ambientali inducono la formazione di nuovi minerali secondo processi di ricristallizzazione.
Condizioni di temperatura e pressione non elevate intervengono nei processi diagenetici che, come si è visto in precedenza, sono all’origine della genesi delle rocce sedimentarie, mentre alti valori di pressione e temperatura comportano fusione (anche parziale) della roccia, ossia il fenomeno dell’anatessi.
Le condizioni intermedie rispetto a questi due estremi individuano il metamorfismo, che non comporta quindi il passaggio allo stato liquido.
Inoltre queste condizioni di pressione e temperatura indicano la crosta terrestre come sede dei processi metamorfici; le rocce di questo tipo, ma lo stesso accade anche per le magmatiche intrusive e per le sedimentarie, si ritrovano successivamente in superficie a causa dei processi tettonici di sollevamento e per il denudamento operato dall’erosione.
L’ampio intervallo di temperature e pressioni unitamente ai complessi processi che intervengono durante il metamorfismo fanno si che una classificazione delle rocce di questo tipo sia estremamente complessa.
Il primo fattore rilevante è l’individuazione del tipo di roccia originaria (sedimentaria, magmatica o metamorfica), che viene detto protolito.

Le rocce metamorfiche vengono indicate con i seguenti suffissi in funzione della natura del protolito:

· PARA- indica rocce metamorfiche il cui protolito è una roccia sedimentaria (parascisto, paragneiss).
· ORTO- indica rocce metamorfiche da protolito magmatico (ortoscisto, ortogneiss).

Quindi l’osservazione e lo studio dei minerali al microscopio in luce polarizzata permette di identificare le associazioni di minerali presenti nel campione da cui è possibile ricostruire le condizioni di temperatura e pressione cui è stato sottoposto.

I processi metamorfici possono essere ripartiti in tre grandi famiglie:
1) Metamorfismo di contatto
E’ caratterizzato da basse pressioni e da temperature da basse fino ad elevate. Si verifica per contatto con corpi caldi (intrusione di grandi masse granitiche, vicinanze di condotti lavici). Il marmo è un tipico esempio di roccia di questo tipo.
2) Metamorfismo regionale
Tipico di aree ad alto gradiente geotermico che causano quindi condizioni di alta temperatura e pressione, quali le zone di corrugamento. E’ quindi associato alle deformazioni più intense.
3) Metamorfismo di seppellimento
Prodotto da debole aumento di temperatura e forte innalzamento di pressione; queste condizioni sono tipiche delle zone di subsidenza (piani di Benioff) in aree a basso flusso di calore.

Modificazioni della tessitura della roccia:
Le condizioni ambientali che comportano metamorfismo sono strettamente connesse alle deformazioni plastiche della crosta (geodinamica).
Il metamorfismo comporta frequentemente la comparsa di superfici di anisotropia o di isoorientazione dei minerali nella roccia che spesso sono visibili ad occhio nudo; si individuano superfici di scistosità, clivaggio, foliazione ecc..

Fig. 2.6 Rappresentazione schematica dei processi metamorfici in funzione delle condizioni ambientali di pressione (profondità) e temperatura. Il metamorfismo di tipo regionale occupa la porzione di grafico compresa tra quello di seppellimento, quello di contatto e l’anatessi.

 

Principali tipologie di rocce metamorfiche:

§ Marmo: è il risultato di metamorfismo di contatto su di una roccia sedimentaria carbonatica (calcite e/o dolomia). I processi di ricristallizzazione comportano la scomparsa dei caratteri strutturali originari che spesso vengono sostituiti da una struttura definita saccaroide.
§ Ardesia: roccia metamorfica di basso grado da protolito sedimentario (marna). La sua relativa rarità è dovuta alle basse tolleranze di composizione e di grado metamorfico necessarie alla sua formazione.
§ Calcescisto: il protolito è una marna sottoposta a metamorfismo di tipo regionale. E’ caratterizzato da una struttura foliata per scistosità (superfici di anisotropia planare che individuano piani di rottura) che deriva dall’adattamento allo stress.
§ Micascisto: il protolito è ancora più argilloso del precedente (bassa % di CaCO3) ed il metamorfismo sempre di grado regionale.
§ Gneiss: roccia di grado metamorfico elevato (regionale) caratterizzata da tessitura a bande alternate (gneiss listati) o occhiadina (grandi cristalli di quarzo e/o feldspato bordati di mica).
§ Prasiniti: scisti verdi (ovvero roccia sottoposta ad intenso metamorfismo di grado regionale), di composizione prevalentemente basica.
§ Anfiboliti: roccia di composizione basica sottoposta al più elevato grado metamorfico.
§ Serpentiniti: protolito ultrafemico (rocce provenienti dal mantello superiore) e metamorfismo di basso e medio livello.
§ Migmatiti: rocce generate in condizioni al limite del processo di anatessi (fusione parziale).
§ Eclogiti: protolito ultrafemico e metamorfismo di seppellimento (pressioni elevatissime). Caratterizzate da altissima densità e dalla presenza di granati.